La vite ad alberello di Pantelleria, per le sue caratteristiche, viene consacrata un modello di allevamento da salvaguardare, promuovere, studiare. Un tipo di coltivazione, introdotto dai fenici, perfezionato e tramandato nei secoli, capace di produrre splendidi frutti in condizioni estreme. L’isola di Pantelleria è infatti caratterizzata da una costante ventosità (Bent-el-Rhia, appunto “figlia del vento” in arabo), da una scarsa piovosità compensata da una grande umidità, per i suoi terreni impervi sui quali sono stati realizzati magistrali terrazzamenti.
Qui nasce l’Alberello Pantesco, una pratica agricola definita dal professor Petrillo, nella sua relazione di presentazione all’Unesco, una pratica ‘creativa e sostenibile’ e per questo degna di un tale riconoscimento internazionale. Creativa perché fondata sulla ‘conca’, la culla scavata nel terreno per accogliere la vite, proteggerla dal vento, nutrirla con l’umidità della notte che vi si raccoglie e non si disperde. Creativa perché il sistema potatura, fa sviluppare la pianta con un andamento orizzontale e quasi strisciante sul terreno, e quindi in grado di sopravvivere al vento costante che soffia sull’isola. Sostenibile perché la sua coltivazione è interamente manuale, perché le terrazze sorrette dai muretti a secco delineano il paesaggio di Pantelleria e lo difendono dall’erosione.
Una viticoltura eroica che sopravvive grazie anche al lavoro di tanti produttori.
La vite ad alberello di Pantelleria, per le sue caratteristiche, viene consacrata un modello di allevamento da salvaguardare, promuovere, studiare. Un tipo di coltivazione, introdotto dai fenici, perfezionato e tramandato nei secoli, capace di produrre splendidi frutti in condizioni estreme. L’isola di Pantelleria è infatti caratterizzata da una costante ventosità (Bent-el-Rhia, appunto “figlia del vento” in arabo), da una scarsa piovosità compensata da una grande umidità, per i suoi terreni impervi sui quali sono stati realizzati magistrali terrazzamenti.
Qui nasce l’Alberello Pantesco, una pratica agricola definita dal professor Petrillo, nella sua relazione di presentazione all’Unesco, una pratica ‘creativa e sostenibile’ e per questo degna di un tale riconoscimento internazionale. Creativa perché fondata sulla ‘conca’, la culla scavata nel terreno per accogliere la vite, proteggerla dal vento, nutrirla con l’umidità della notte che vi si raccoglie e non si disperde. Creativa perché il sistema potatura, fa sviluppare la pianta con un andamento orizzontale e quasi strisciante sul terreno, e quindi in grado di sopravvivere al vento costante che soffia sull’isola. Sostenibile perché la sua coltivazione è interamente manuale, perché le terrazze sorrette dai muretti a secco delineano il paesaggio di Pantelleria e lo difendono dall’erosione.
Una viticoltura eroica che sopravvive grazie anche al lavoro di tanti produttori.