Il nome Chiafura, menzionato per la prima volta nel 1684, sembra derivare dalla corruzione di una frase significante, probabilmente: “il quartiere fuori dalla città”.
Certamente nel sito rupestre è possibile individuare il primo quartiere della vecchia Scicli, fuori dalle mura della città moderna, ove trovavano posto delle necropoli “a grotticella”, poi riutilizzate, in epoca medioevale, e trasformate in abitazioni rupestri.
A Chiafura le prime tracce di un riutilizzo a scopo funerario di queste tombe protostoriche risalgono all’età bizantina, mentre al periodo altomedioevale, coincidente con la conquista araba dell’Isola, si devono le testimonianze più interessanti di frequentazione del sito.
A causa della pericolosità delle fasce costiere, infatti, le popolazioni cominciano ad insediarsi proprio nelle cave, creando anche delle strutture difensive di una certa importanza. Una di queste fortezze di piccole dimensioni può essere rintracciabile proprio in quella dei “Tre Cantoni”, che fu impiantata nell’attuale località di Scicli, chiamata S. Matteo, per controllare il punto di confluenza delle tre cave del torrente di Modica, di S. Maria La Nova, di S. Bartolomeo.
L’importanza di questa fortezza, e di tutto il sito, continuò ben oltre la conquista araba (864/865), fino ad essere usata dai Normanni dopo il 1091. Probabilmente è proprio con l’arrivo di queste popolazioni nordeuropee che il sito di Chiafura comincia ad essere abitato in modo sistematico, anche se le prime testimonianze di una situazione abitativa rupestre si hanno nel XIV secolo, quando il sito viene a configurasi come un quartiere con una fisionomia del tutto simile a quella di altri settori del paese.
Nei secoli a venire, però, anche se in modo lento, l’abitato comincia ad estendersi a valle e si assiste alla progressiva adozione dell’architettura in elevato. Con lo sviluppo di Scicli, l’abitato rupestre comincia a perdere importanza all’interno della gerarchia urbana tanto che alla fine del ‘700 la “contrada di Chiafura”, è nota per le grotte un tempo abitate e, infine, nell’800 quando comincia il declino di Scicli, la zona rupestre non è altro che un quartiere “abbellito di ricchi palagi tra gli spechi cadenti ricettacolo di povera gente”.
Lentamente, dalla fine dell’800 alla metà del secolo scorso, il sito viene progressivamente abbandonato. L’abitato rupestre di Chiafura si articola in balze e gradoni sul crinale del Colle di San Matteo. Le case-grotte, scavate nella roccia è costituita da uno o due vani rettangolari, di 4-5 metri di lato, sono spesso precedute sempre da un piccolo terreno fertile che i documenti medioevali chiamano: “raffo”.
L’organizzazione interna di ogni grotta è rudimentale; si trova spesso un forno, dei fori scavati nella roccia, qualche nicchia per riporvi le suppellettili e, talvolta, una mangiatoia, spesso ricavata da un originario sepolcro. In alcune grotte è possibile trovare una cisterna probabilmente di origine altomedievale, mentre in situazioni abitative più “ricche” si trova un collegamento interno tra due grotte.
La situazione strutturata in epoca medioevale e moderna si è in seguito ampliata con la costruzione di ambienti in muratura immediatamente all’esterno dell’imbocco dell’antro. Altre volte, invece, si notano interventi di epoca antica che intervenivano a qualificare l’ambiente ipogeico con la giustapposizione di locali coperti da volte a botte.
Il nome Chiafura, menzionato per la prima volta nel 1684, sembra derivare dalla corruzione di una frase significante, probabilmente: “il quartiere fuori dalla città”.
Certamente nel sito rupestre è possibile individuare il primo quartiere della vecchia Scicli, fuori dalle mura della città moderna, ove trovavano posto delle necropoli “a grotticella”, poi riutilizzate, in epoca medioevale, e trasformate in abitazioni rupestri.
A Chiafura le prime tracce di un riutilizzo a scopo funerario di queste tombe protostoriche risalgono all’età bizantina, mentre al periodo altomedioevale, coincidente con la conquista araba dell’Isola, si devono le testimonianze più interessanti di frequentazione del sito.
A causa della pericolosità delle fasce costiere, infatti, le popolazioni cominciano ad insediarsi proprio nelle cave, creando anche delle strutture difensive di una certa importanza. Una di queste fortezze di piccole dimensioni può essere rintracciabile proprio in quella dei “Tre Cantoni”, che fu impiantata nell’attuale località di Scicli, chiamata S. Matteo, per controllare il punto di confluenza delle tre cave del torrente di Modica, di S. Maria La Nova, di S. Bartolomeo.
L’importanza di questa fortezza, e di tutto il sito, continuò ben oltre la conquista araba (864/865), fino ad essere usata dai Normanni dopo il 1091. Probabilmente è proprio con l’arrivo di queste popolazioni nordeuropee che il sito di Chiafura comincia ad essere abitato in modo sistematico, anche se le prime testimonianze di una situazione abitativa rupestre si hanno nel XIV secolo, quando il sito viene a configurasi come un quartiere con una fisionomia del tutto simile a quella di altri settori del paese.
Nei secoli a venire, però, anche se in modo lento, l’abitato comincia ad estendersi a valle e si assiste alla progressiva adozione dell’architettura in elevato. Con lo sviluppo di Scicli, l’abitato rupestre comincia a perdere importanza all’interno della gerarchia urbana tanto che alla fine del ‘700 la “contrada di Chiafura”, è nota per le grotte un tempo abitate e, infine, nell’800 quando comincia il declino di Scicli, la zona rupestre non è altro che un quartiere “abbellito di ricchi palagi tra gli spechi cadenti ricettacolo di povera gente”.
Lentamente, dalla fine dell’800 alla metà del secolo scorso, il sito viene progressivamente abbandonato. L’abitato rupestre di Chiafura si articola in balze e gradoni sul crinale del Colle di San Matteo. Le case-grotte, scavate nella roccia è costituita da uno o due vani rettangolari, di 4-5 metri di lato, sono spesso precedute sempre da un piccolo terreno fertile che i documenti medioevali chiamano: “raffo”.
L’organizzazione interna di ogni grotta è rudimentale; si trova spesso un forno, dei fori scavati nella roccia, qualche nicchia per riporvi le suppellettili e, talvolta, una mangiatoia, spesso ricavata da un originario sepolcro. In alcune grotte è possibile trovare una cisterna probabilmente di origine altomedievale, mentre in situazioni abitative più “ricche” si trova un collegamento interno tra due grotte.
La situazione strutturata in epoca medioevale e moderna si è in seguito ampliata con la costruzione di ambienti in muratura immediatamente all’esterno dell’imbocco dell’antro. Altre volte, invece, si notano interventi di epoca antica che intervenivano a qualificare l’ambiente ipogeico con la giustapposizione di locali coperti da volte a botte.