Storia del Parco Archeologico di Segesta
Il Parco Archeologico di Segesta, ha una lunga storia che merita de essere raccontata. Segesta fu una delle principali città degli Elimi, un popolo di cultura e tradizione peninsulare che, secondo la tradizione antica, proveniva da Troia. La città, fortemente ellenizzata per aspetto e cultura, raggiunse un ruolo di primo piano tra i centri siciliani e nel bacino del Mediterraneo, fino al punto di poter coinvolgere nella sua secolare ostilità con Selinunte anche Atene e Cartagine. Dopo la distruzione di Selinunte nel 409 a.C. ad opera dei Cartaginesi, Segesta visse con alterne fortune il periodo successivo, fino ad essere conquistata e distrutta da Agatocle di Siracusa (nel 307 a.C.), il quale le impose il nome di Diceòpoli, città della giustizia. In seguito, ripreso il suo nome, passò nel corso della prima guerra punica (264-241 a.C.) ai Romani che, in virtù della leggendaria comune origine troiana, la esentarono da tributi, la dotarono di un vasto territorio e le permisero una nuova fase di prosperità. Tra il II e I sec. a.C. Segesta venne totalmente ripianificata sul modello delle grandi città microasiatiche, assumendo un aspetto fortemente scenografico. Recenti indagini hanno rivelato una fase tardo-antica, un esteso villaggio di età musulmana, seguito da un insediamento normanno-svevo, dominato da un castello alla sommità del Monte Barbaro.
Percorrendo il Parco Archeologico di Segesta
Il Parco Archeologico di Segesta è famoso per i suoi due monumenti principali: il tempio dorico e il teatro. Il percorso si sviluppa lungo strade percorribili a piedi con le seguenti tappe: tempio, porta di valle, sistema fortificato di porta di valle, terrazza superiore dell’agora, chiesa del ’400, area fortificata medievale, castello, moschea, teatro, abitato rupestre, cinta muraria superiore, santuario di contrada Mango. La mappa mostra l’area del Parco archeologico: la città occupava la sommità del Monte Barbaro (due acropoli separate da una sella), naturalmente difeso da ripide pareti di roccia sui lati est e sud, mentre il versante meno protetto era munito in età classica di una cinta muraria provvista di porte monumentali, sostituita in seguito (nel corso della prima età imperiale) da una seconda linea di mura ad una quota superiore. Al di fuori delle cinte murarie, lungo le antiche vie d’accesso alla città, si trovano due importanti luoghi sacri: il tempio di tipo dorico (fine V sec. a.C.) e il santuario di contrada Mango (VI-V sec. a.C.). Fuori le mura è stata anche individuata una necropoli ellenistica. L’urbanistica di Segesta è ancora in corso di indagine: sono segnalati alcuni probabili tracciati viari, l’area dell’agora e alcune abitazioni. Sull’acropoli nord, dove si trova il teatro, sono visibili i resti più recenti di Segesta: il castello, la moschea e la chiesa fondata nel 1442 su un terreno pluristratificato.
Il Tempio
Il tempio di Segesta è un periptero greco siceliota in stile dorico di 6×14 colonne, non finito. Dopo l’innalzamento del colonnato, infatti, la costruzione (iniziata intorno al 420 a.C.) venne interrotta molto probabilmente nel 409 a.C., allorché Segesta passò sotto il dominio cartaginese. La cella, di cui oggi non si conserva traccia visibile in superficie, era stata progettata e almeno in parte realizzata, come testimoniano alcuni tratti delle fondazioni individuati nel corso degli scavi archeologici. Le bozze sulle gradinate, che di solito venivano asportate soltanto nella fase di rifinitura, testimoniano lo stato di incompiutezza dell’edificio. Nelle sue proporzioni generali e nelle caratteristiche tecniche e stilistiche (capitelli, cornicioni, contrazione angolare, curvatura delle linee orizzontali) il tempio segue fedelmente i modelli dell’architettura classica delle città greche di Sicilia, specie della vicina Selinunte. Alcune forme particolari (palmette sui soffitti dei cornicioni angolari, modanature del timpano) e le proporzioni degli elementi architettonici indicano anche una buona conoscenza della contemporanea architettura attica. Del culto e dell’altare presso cui esso era praticato non si hanno notizie. Tuttavia, i modesti resti di un semplice edificio sacro, scoperti nello scavo al centro del tempio, fanno ipotizzare l’esistenza di un luogo di culto precedente.
Il Teatro
A partire dalla seconda metà del II sec. a.C. furono eretti sull’Acropoli nord del Monte Barbaro numerosi monumenti pubblici quali l’agorà, il bouleutèrion, il ginnasio, il Teatro e, quasi certamente, un tempio. Attraverso una larga strada lastricata si accedeva al teatro, costruito in calcare locale. Esso presenta le forme tipiche dell’architettura greca, anche se, a differenza di queste, la cavea, con i sedili per gli spettatori, venne interamente costruita e sostenuta da un potente muro di contenimento (anàlemma). La cavea, che poteva ospitare circa 4000 persone, è suddivisa orizzontalmente da un largo corridoio (diàzoma) delimitato da sedili dotati di schienale e, verticalmente, da sei scalette che formano sette cunei (kerkìdes) di dimensioni variabili. Recenti ricerche hanno documentato l’esistenza fra i due ingressi di un settore di summa cavea, parzialmente rioccupato da una necropoli musulmana e, successivamente, da case medievali. Un pozzo e un serbatoio d’acqua, risparmiati nella parte occidentale del muro di anàlemma, dovevano certamente servire a soddisfare le necessità del pubblico e degli attori. All’orchestra si accedeva dagli ingressi laterali (pàrodoi). Pochi filari di blocchi permettono di ricostruire la pianta della scena (skené), un edificio di due piani negli stili dorico e ionico con due corpi laterali avanzati (paraskénia) ornati da satiri scolpiti in altorilievo. Nella prima età imperiale romana il Teatro subì delle trasformazioni: lo spazio dell’orchestra fu ampliato eliminando una fila di sedili e fu ingrandita la fronte scenica. In età medievale (secoli XII e XIII) le aree del teatro e della strada furono rioccupate da un vasto settore dell’abitato, come documenta, in particolare, la grande casa a due piani visibile nella media cavea occidentale.
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Storia del Parco Archeologico di Segesta
Il Parco Archeologico di Segesta, ha una lunga storia che merita de essere raccontata. Segesta fu una delle principali città degli Elimi, un popolo di cultura e tradizione peninsulare che, secondo la tradizione antica, proveniva da Troia. La città, fortemente ellenizzata per aspetto e cultura, raggiunse un ruolo di primo piano tra i centri siciliani e nel bacino del Mediterraneo, fino al punto di poter coinvolgere nella sua secolare ostilità con Selinunte anche Atene e Cartagine. Dopo la distruzione di Selinunte nel 409 a.C. ad opera dei Cartaginesi, Segesta visse con alterne fortune il periodo successivo, fino ad essere conquistata e distrutta da Agatocle di Siracusa (nel 307 a.C.), il quale le impose il nome di Diceòpoli, città della giustizia. In seguito, ripreso il suo nome, passò nel corso della prima guerra punica (264-241 a.C.) ai Romani che, in virtù della leggendaria comune origine troiana, la esentarono da tributi, la dotarono di un vasto territorio e le permisero una nuova fase di prosperità. Tra il II e I sec. a.C. Segesta venne totalmente ripianificata sul modello delle grandi città microasiatiche, assumendo un aspetto fortemente scenografico. Recenti indagini hanno rivelato una fase tardo-antica, un esteso villaggio di età musulmana, seguito da un insediamento normanno-svevo, dominato da un castello alla sommità del Monte Barbaro.
Percorrendo il Parco Archeologico di Segesta
Il Parco Archeologico di Segesta è famoso per i suoi due monumenti principali: il tempio dorico e il teatro. Il percorso si sviluppa lungo strade percorribili a piedi con le seguenti tappe: tempio, porta di valle, sistema fortificato di porta di valle, terrazza superiore dell’agora, chiesa del ’400, area fortificata medievale, castello, moschea, teatro, abitato rupestre, cinta muraria superiore, santuario di contrada Mango. La mappa mostra l’area del Parco archeologico: la città occupava la sommità del Monte Barbaro (due acropoli separate da una sella), naturalmente difeso da ripide pareti di roccia sui lati est e sud, mentre il versante meno protetto era munito in età classica di una cinta muraria provvista di porte monumentali, sostituita in seguito (nel corso della prima età imperiale) da una seconda linea di mura ad una quota superiore. Al di fuori delle cinte murarie, lungo le antiche vie d’accesso alla città, si trovano due importanti luoghi sacri: il tempio di tipo dorico (fine V sec. a.C.) e il santuario di contrada Mango (VI-V sec. a.C.). Fuori le mura è stata anche individuata una necropoli ellenistica. L’urbanistica di Segesta è ancora in corso di indagine: sono segnalati alcuni probabili tracciati viari, l’area dell’agora e alcune abitazioni. Sull’acropoli nord, dove si trova il teatro, sono visibili i resti più recenti di Segesta: il castello, la moschea e la chiesa fondata nel 1442 su un terreno pluristratificato.
Il Tempio
Il tempio di Segesta è un periptero greco siceliota in stile dorico di 6×14 colonne, non finito. Dopo l’innalzamento del colonnato, infatti, la costruzione (iniziata intorno al 420 a.C.) venne interrotta molto probabilmente nel 409 a.C., allorché Segesta passò sotto il dominio cartaginese. La cella, di cui oggi non si conserva traccia visibile in superficie, era stata progettata e almeno in parte realizzata, come testimoniano alcuni tratti delle fondazioni individuati nel corso degli scavi archeologici. Le bozze sulle gradinate, che di solito venivano asportate soltanto nella fase di rifinitura, testimoniano lo stato di incompiutezza dell’edificio. Nelle sue proporzioni generali e nelle caratteristiche tecniche e stilistiche (capitelli, cornicioni, contrazione angolare, curvatura delle linee orizzontali) il tempio segue fedelmente i modelli dell’architettura classica delle città greche di Sicilia, specie della vicina Selinunte. Alcune forme particolari (palmette sui soffitti dei cornicioni angolari, modanature del timpano) e le proporzioni degli elementi architettonici indicano anche una buona conoscenza della contemporanea architettura attica. Del culto e dell’altare presso cui esso era praticato non si hanno notizie. Tuttavia, i modesti resti di un semplice edificio sacro, scoperti nello scavo al centro del tempio, fanno ipotizzare l’esistenza di un luogo di culto precedente.
Il Teatro
A partire dalla seconda metà del II sec. a.C. furono eretti sull’Acropoli nord del Monte Barbaro numerosi monumenti pubblici quali l’agorà, il bouleutèrion, il ginnasio, il Teatro e, quasi certamente, un tempio. Attraverso una larga strada lastricata si accedeva al teatro, costruito in calcare locale. Esso presenta le forme tipiche dell’architettura greca, anche se, a differenza di queste, la cavea, con i sedili per gli spettatori, venne interamente costruita e sostenuta da un potente muro di contenimento (anàlemma). La cavea, che poteva ospitare circa 4000 persone, è suddivisa orizzontalmente da un largo corridoio (diàzoma) delimitato da sedili dotati di schienale e, verticalmente, da sei scalette che formano sette cunei (kerkìdes) di dimensioni variabili. Recenti ricerche hanno documentato l’esistenza fra i due ingressi di un settore di summa cavea, parzialmente rioccupato da una necropoli musulmana e, successivamente, da case medievali. Un pozzo e un serbatoio d’acqua, risparmiati nella parte occidentale del muro di anàlemma, dovevano certamente servire a soddisfare le necessità del pubblico e degli attori. All’orchestra si accedeva dagli ingressi laterali (pàrodoi). Pochi filari di blocchi permettono di ricostruire la pianta della scena (skené), un edificio di due piani negli stili dorico e ionico con due corpi laterali avanzati (paraskénia) ornati da satiri scolpiti in altorilievo. Nella prima età imperiale romana il Teatro subì delle trasformazioni: lo spazio dell’orchestra fu ampliato eliminando una fila di sedili e fu ingrandita la fronte scenica. In età medievale (secoli XII e XIII) le aree del teatro e della strada furono rioccupate da un vasto settore dell’abitato, come documenta, in particolare, la grande casa a due piani visibile nella media cavea occidentale.